Come è nata la passione del foraging? Puoi fare un breve racconto delle tue esperienze più significative nel corso degli anni passando dal ristorante fino al nuovo progetto Selvatiq?





Lo stretto contatto con la natura permette di osservare anche i cambiamenti in atto dovuti all'intervento dell'uomo. Cosa ti senti di dire dall'alto della tua pratica sul campo?

Quali sono i pro e i contro di un'attività che negli ultimi anni ha coinvolto cuochi e appassionati? C'è il rischio che ci si lasci andare con una certa facilità verso l'utilizzo di erbe, o di altri prodotti della natura, che magari si conoscono poco?
«Il foraging può essere praticato ovunque ma non da chiunque. La moda fa si che molti chef si improvvisino forager e se ne vantino o che nascano foragers come funghi senza una preparazione adeguata . Queste persone, sia gli chef che gli improvvisati forager dovrebbero smettere di agire cosi perché rischiano non solo di fare del male a se stessi e alle persone a cui somministrano i prodotti (se si sbaglia e ci si confonde ci si può intossicare e le intossicazioni possono anche essere mortali, quindi la formazione come in tutte le cose è fondamentale), ma anche all’ambiente, raccogliendo senza senno e magari seguendo delle tradizioni che non sono più valide. Le tradizioni devono mutare in un meccanismo che considera moti aspetti sociali, ambientali ed economici. Nel caso del foraging non possiamo più raccogliere con abbondanza vegetali che i nostri nonni raccoglievano in grandi quantità perché la biodiversità nel frattempo è cambiata, ha nuovi equilibri che vanno rispettati diversamente. Perché ognuno non fa il suo lavoro con preparazione e serietà?».

I prodotti a firma Selvatiq che tipo di evoluzione avranno e a quali progetti stai pensando per il futuro?



WEB: www.selvatiq.com